A 17 anni ai miei non ho chiesto un regalo materiale (mi arrivò lo stesso una collana di perle “di famiglia”, tranquilli!). Ho chiesto solo di pagarmi una grande festa, di quelle tipo ballo di fine anno in America, con cena offerta e dress code, in un ristorante con sala da ballo e dj. Volevo, in sostanza, ricambiare a un paio di amiche il favore di avermi fatto sfoggiare dei vestiti da sera che altrimenti mai avrei messo.
È stata la festa più bella della mia vita, ma alcune cose non sono andate esattamente al meglio. Non vi racconterò della rissa sfiorata (di cui tra l’altro non mi sono accorta e mi è stata raccontata a posteriori), perché non ho mai avuto entrambe le versioni dei fatti.
E non vi racconterò nemmeno dei due amici che, nonostante l’indicazione del dress code, per vari motivi si sono presentati in jeans e maglietta. Me lo hanno detto prima. Una cosa tipo: “Guarda, non posso venire perché non posso vestirmi bene per xyz motivi”. Al che gli ho risposto che il dress code si attaccasse al cazzo e che venissero lo stesso. Per fortuna lo hanno fatto.
No, io oggi voglio raccontarvi della mia amica si è presentata in minigonna e calze a rete. Invero era colpa mia, perché non essendo a scuola con me non le avevo dato l’invito, ma le avevo descritto estasiata location e modalità, dando per scontato la questione dress code. Cose che l’organizzatrice non dovrebbe mai fare, ma ero giovane e immatura.
Dopo un anno nell’organizzazione di eventi lo so, e al mio 50esimo compleanno non ripeterò tali errori.
Comunque, non sembrava affatto sentirsi a disagio e io ne ero sollevata. Sennonché il suo adorato (per fortuna ex) fidanzato (su cui è meglio io stenda un velo peloso o ancor meglio depilato) ad un certo punto si è messo ad aggredirla verbalmente con epiteti ben poco lusinghieri, perché a suo dire l’abbigliamento della consorte si adattava meglio a un contesto più… stradale.
Tra l’altro non l’ha mica presa da parte in un angolo, no! Se l’ho sentito io che ero presa in mille cose, non mi sono stupita quando la questione è diventata argomento di pettegolezzo a scuola per ben una settimana (record che solo io e poche altre siamo riuscite a battere con le nostre storiacce).
Ora. Io devo veramente ringraziare Dio per avermi donato degli amici in grado di trattenermi (e per avermi creato quasi astemia, almeno fino ai 21 anni!). Perché sennò finiva veramente in rissa. Non so se ero più arrabbiata con lui che si permetteva di dirle queste cose o con lei che lo lasciava fare. E non tanto per i motivi, sacrosantissimi per altro, che rimandano al rispetto, all’affetto e al femminismo (quello sano). Ma perché, molto semplicemente, UNA PERSONA HA IL DIRITTO DI VESTIRSI COME STRA***** VUOLE. Questo in coppia e nella vita. Ok, se io vado in stazione in minigonna ascellare tu, ragazzo amorevole, sei pienamente autorizzato a dirmi che per esprimere il mio masochismo ci sono cose meno dannose tipo vedere Star Wars. E fin qui siamo d’accordo.
Ma per me uno può andare anche a un colloquio di lavoro in banca con una cresta verde smeraldo.
Poi non verrà assunto, ok (e magari, chissà, la banca ci perde), ma non esiste che si sorbisca pure il cazziatone del potenziale datore di lavoro, che essendo perlappunto “potenziale” deve esimersi da scassare la minchia (come ti abbino termini aulici e scurrili in un tripudio di frustrazione!). Se vai a una festa in cui è indicato il dress code elegante, e ci vai in jeans e maglia rock, verrai GENTILMENTE accompagnato alla porta. O anche no, nel senso che i miei amici in jeans sono stati accolti a braccia aperte. Ma rompere le scatole per come uno è vestito NON ESISTE. Spero di essere riuscita a esprimere la sottile differenza: non sono ingenua, e so che la gente viene giudicata dal modo di vestire. Non sarebbe giusto, ma a quanto pare, secondo la mia esperienza, è inevitabile, quindi me la metto via. Rompere le palle però non è giudicare. È rompere le palle. Se non vuoi essere giudicato male per come ti vesti, puoi vestirti in una maniera più consona a situazione e/o interlocutore. Se non vuoi che ti rompano le palle, l’unica via è l’aggressione. Verbale, ma meglio fisica.
E siccome io sono contro la violenza e non mi perdonerei di mandare qualcuno all’ospedale, spero che nessuno MAI mi venga a dire qualcosa per come mi vesto o per il colore dei miei capelli. Finora non mi è mai successo (fatta esclusione per mia madre, ma lì rimedi cambiandoti al pit stop o truccandoti per strada), e pare che io sia l’unica nel mondo. Tutto ciò per invitarvi caldamente a stare in guardia.
Ah, giusto per metterei puntini sulle i: l’amorevole fidanzato della mia amica si era presentato IN TUTA.